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Diffamazione: in quali casi l’insulto non è reato

Diffamazione in quali casi l'insulto non è reato

In cosa consiste il reato di diffamazione

Per capire se un insulto sia querelabile o meno, è opportuno partire dalla definizione di diffamazione delineata innanzitutto dal nostro codice penale.
La diffamazione rientra tra le fattispecie penali lesive dell’onore e consiste nell’offesa alla reputazione di una persona assente. La differenza tra questo reato e l’ormai depenalizzata ingiuria consiste appunto nell’assenza della persona offesa che, in quanto non presente, non è in grado di difendere la propria reputazione.
Mentre l’assenza della vittima del reato rientra tra gli elementi costitutivi di questa fattispecie, non si può dire altrettanto per la falsità dei fatti riportati. Questa è una caratteristica peculiare del nostro ordinamento giuridico in quanto altri sistemi (come quelli di common law) prevedono che si possa diffamare una persona solo adducendo fatti non veri.
Insomma, secondo il legislatore italiano, che si dica il falso o il vero, poco importa quando si lede la dignità di una persona (ad esempio, non si può dare del ladro a una persona ritenuta colpevole di furto con sentenza passata in giudicato).
L’avvento dei social media ha incrementato esponenzialmente le possibilità di insultare gli altri in loro assenza: è nato il sempre più dilagante fenomeno della diffamazione online.
Per approfondire il tema della diffamazione via web, si può consultare il sito studiolegaleadamo.it. I professionisti dello Studio Legale Adamo sono specializzati in molte aree di competenza, inclusa quella della diffamazione a mezzo internet.

La diffamazione a mezzo stampa

Il tema della diffamazione a mezzo stampa è assai delicato: infatti, in questa fattispecie di reato il valore costituzionalmente tutelato della dignità della persona va contemperato con un altro valore di pari rilevanza costituzionale, la libertà di stampa.
Questo non significa che al giornalista sia sempre consentito ledere la reputazione altrui nell’esercizio della sua professione: la diffamazione a mezzo stampa, qualora si configuri, costituisce anzi un’ipotesi aggravata di diffamazione in quanto il mezzo utilizzato consente all’offesa di arrivare a molte più persone.
Ma allora come fare a capire se la critica mossa da un giornalista dei confronti di una determinata persona costituisca diffamazione o esercizio del diritto di cronaca? Per trovare risposte a questo quesito, è opportuno rifarsi alla giurisprudenza.

La diffamazione a mezzo internet

Il fenomeno della diffamazione a mezzo social è ormai dilagante. Purtroppo per i moltissimi leoni da tastiera, la giurisprudenza costante equipara il reato commesso a mezzo web, inclusa la diffamazione su internet, al corrispondente reato commesso con mezzi tradizionali.
Per la diffamazione di internet, vale la stessa considerazione già fatta per la diffamazione a mezzo stampa. Il mezzo utilizzato consente all’offesa di pervenire a un grandissimo numero di persone e, quindi, si tratta di una fattispecie aggravata, punita con una pena maggiore.
Tra gli strumenti di diffamazione online rientrano non solo i social media in senso stretto, ma anche le email, le chat e i blog.
In poche parole, si può commettere il reato di diffamazione non solo quando si parla male di una determinata persona sul proprio feed (a prescindere dal fatto che esso sia pubblico o privato), ma anche quando tale insulto è inviato tramite email o condiviso in una chat.
Il consiglio è di essere sempre rispettosi della dignità altrui sui social e nella vita reale sia per evitare fastidiosi grattacapi legali sia perché è senza dubbio il modo più corretto di approcciarsi alle relazioni umane.

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